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martedì 14 ottobre 2014

IL MUSEO IMMAGINARIO di Andrè Malraux

autori: Annalisa Laghi (XyzKira) e Lucia Paolantonio (RadioKira) 
blinkARTvisor 
arte




L’opera sulla quale vogliamo soffermarci stavolta non è un dipinto, una scultura o un’istallazione ma un’opera letteraria che, però, pone la centro del suo interesse proprio il concetto stesso dell’arte. Il museo immaginario[1], pubblicata nel 1947 e scritta da Andrè Malraux (1901-1976) scrittore e politico francese[2] propone, infatti, una moderna concezione estetica. 

Si parte dal presupposto che il museo, riunendo una quantità di oggetti artistici diversi per epoca, luogo di provenienza e caratteristiche formali, libera l’arte dal proprio contesto storico poiché ciò che Malraux intende sottolineare non è tanto il valore specifico di ogni singola opera quanto la possibilità di ritrovare nell’intera produzione artistica di ogni tempo e luogo la comune e trascendente attitudine dell’uomo a dissertare, esplorare, e mettere in discussione il mondo. 

L’arte, quindi, come “assoluto trascendente” che raccoglie in sé tutto ciò che è attestazione della rivolta dell’uomo contro il destino. L’esplicazione massima del Museo immaginario si raggiunge paradossalmente nell’assenza dell’opera d’arte, proprio perché svincolata da ogni rapporto fisico e concreto con l’opera d’arte stessa, divenendo il luogo mentale, personale di ciascuno di noi, il museo che ognuno “porta dietro le palpebre”,  ma allo stesso tempo luogo della collettività attraverso il mezzo fotografico. In tutto questo, infatti, la fotografia gioca un ruolo fondamentale poiché veicola l’intera arte mondiale rivoluzionando le categorie spazio-temporali,  trasformando il contatto diretto con l’opera originale in un momento non indispensabile.

La possibilità di isolare soltanto frammenti o particolari di un'opera d'arte attraverso sue riproduzioni, sembra potenziarne la fruizione, agendo con più forza sull'immaginazione. Si aprono nuove prospettive allo sguardo, si rivelano confronti inaspettati, si compie cioé il primo passo per la diffusione dell'immaginario.




[1] Questo volume inaugura la trilogia La pisicologia dell'arte diventata poi Le voci del silenzio.






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