Recensione in anteprima europea
del film CODE NAME: GERONIMO 30 Ottobre 2012, Sala Anica - Roma
L’anteprima
europea organizzata a Roma nella sala Anica dalla distributrice Koch Media del film CODE NAME: GERONIMO termina in
un particolare silenzio.
L’opera
cinematografica di John Stockwell – ex
attore e regista già conosciuto (Blue Crush-2002, Trappola in fondo al mare-2005, Turistas-2006) insieme a Kendall Lampkin – neosceneggiatore, è
un’operazione complessa, il tentativo di trasporre in film, un avvenimento
forte che, in una dimensione attuale così immediata nel recepire ed assorbire
ogni accadimento, forse si potrebbe già considerare storicizzato.
La
pellicola è un percorso di circa un’ora e mezza, tutto centrato nella medesima vicenda
fatta eccezione per un breve antefatto d’ambientazione e stile.
L’argomento
narrato prevale su tutto ed è atteso ancora prima di entrare in sala.
Vera
protagonista, così, è la storia stessa, nemmeno l’evento clamoroso finale: la
comunicazione all’umanità da parte del presidente degli Stati Uniti Barack
Obama che Osama bin Laden è stato ucciso dagli americani; di questo accadimento
ogni individuo ne è ampiamente a conoscenza, ed al suo palesarsi conclusivo si
viene preparati in tutta la rappresentazione cinematografica, attraverso
molteplici input, in una lunga attesa.
Molto ardua
l’intenzione di una narrazione il più possibile cronistica, l’obiettività è di
certo intrinseca al fatto stesso, ma qui l’oggetto tende a sfuggire data la vicinanza e
la potenza dell’evento rappresentato di cui di certo ancora non si può avere una
percezione distaccata. La chiave di lettura autoriale è d’altronde palesata in
molti frammenti e soprattutto nell’interrogativo che si delinea nell’inequivocabile
sentenza collettiva, ma allo stesso tempo nell’irrimediabile problematica che
si pone verso qualunque fine umana.
CODE
NAME GERONIMO è un film limpido ed uniforme, con sceneggiatura e regia abbastanza
pulita, senza troppe esagerazioni, forse leggermente rallentato in alcuni momenti
anche per la presenza di inevitabili lunghe scene che comunque hanno il merito
di introdurre vari dialoghi necessari alla comprensione dei legami
interpersonali.
La pellicola
è lineare, con tensione dosata, senza ardue impennate se non nel suo necessario e preteso acme finale,
tenuto a freno forse anche un po’ troppo.
Il
dipanarsi della vicenda vede l’azione di tre squadre, con compiti e ritmi
operativi intimamente legati ma chiaramente distinti, la prima, l’equipe della CIA, dà le direttive, la seconda,
il gruppo informatico, osserva, la terza, la squadra di militari, più
importante, ha un carattere operativo, ed a lei è affidato il compito anche drammaturgico,
ad eccezione di alcuni momenti, di scandire gli eventi e di mantenere il ritmo
in tutto il film.
Lo
spettatore è messo in grado di distinguere chiaramente, all’interno della
struttura generale, tutti i singoli accadimenti riferiti a ciascuna equipe,
anche se spesso incrociati ed accavallati, da ciò ne deriva una varietà di
ascolto e di interesse.
Le tre storie
si intrecciano di continuo ma l’incedere non è mai caotico e troppo
veloce, la tensione visiva non arriva mai al massimo e questo permette di
seguire tranquillamente tutto il corso degli eventi che
arrivano con ordine alla loro conclusione.
Molto
interessante la resa del rapporto uomo-macchina, sottotrama evidente che
attraversa tutto il film sia nella sua rappresentazione di alto livello, la
tecnologia impiegata dall’esercito, sia quella quotidiana, lettori musicali,
visivi, social network. Questo inserimento massiccio dell’ “Homus Tecnicus”,
oramai completamente connesso con il nostro essere, riesce ad umanizzare
completamente la storia e ad avvicinare al nostro semplice esistere tutti i personaggi, che in molte scene si
arricchiscono, proprio tramite l’uso degli strumenti tecnici, della loro
tensione sentimentale individuale, sino ad amplificare il loro pathos emotivo
anche verso di noi.
Solo in
alcuni casi la rappresentazione tecnologica è sovrabbondante e produce il rischio di far scivolare tutto in una
sorta di grande game, simulatore di guerra, ma al contempo risulta interessante
perché aiuta a preparare lo spettatore al suo utilizzo massiccio finale.
In alcune
scene si vorrebbe provocare un effetto sorpresa ma il gioco finzione-realtà,
qui troppo semplicistico, ne risulta leggermente compromesso.
Alcuni
escamotage registici, spesso prestati dal videogioco, invece sono di sicuro
effetto: molto particolari le riprese laterali in movimento, e varie
inquadrature per altrettante scelte di punti di vista inconsueti.
La
normalità, il vivere comune, è un interessante filo conduttore. All’interno di
un’operazione che pare forse assurda ed esagerata è la consuetudine, alter ego
collettivo, ad essere esaltato come riferimento alla semplice stessa umanità, e
questo accorgimento avvicina definitivamente il pubblico a tutto il susseguirsi
degli eventi.
Il sentimentalismo di sottofondo non è eccessivamente pompato all’americana, forse
leggermente evidenziato in un paio di scene da competizione cameratesca, ma
come non parlare almeno di un amore, del suo tradimento, di un qualsiasi
sentimento umano che possa provocare una mancanza improvvisa di concentrazione destinata
a compromettere tutto il delicato apparato!?
Gli
attori sono tutti nella norma, senza richiesta di grandi pretese interpretative,
scelta di sicuro fatta per nulla togliere alla vicenda narrata.
Meritano
comunque un cenno William Fichtner, algido direttore di tutta l’operazione,
la sua
sapiente ed inesperta assistente Kathleen
Robertson, il
burbero ma sentimentale militare Anson
Mount,
e due interpreti minori, i componenti dell’asettica ma indispensabile troupe informatica Rajesh Shringarpore e Maninder Singh.
Le musiche
eccezionali, incalzanti, emozionanti, ritmate di Paul Haslinger fanno da cornice emotiva.
Alcune
immagini conferiscono anche alla fotografia di Peter Holland un buon ruolo che in alcuni momenti riesce a sorprendere:
squarci di cieli azzurro cupo, chiaroscuri, angoli bui esaltati da forti
bagliori.
Nell’insieme
CODE NAME: GERONIMO riesce già a narrare l’operazione complessa appena avvenuta,
quindi vale la pena andarlo a vedere, non si può uscire dalla sala insoddisfatti.
Ma in
quello stesso silenzio che ha dominato la conclusione dell’anteprima romana del
film mi chiedo, siamo già pronti a vedere la rappresentazione cinematografica
della storia dell’uccisione di Osoma bin Laden?
Quando
la memoria dell’evento narrato non sarà più così presente il lavoro diretto da John Stockwell e scritto da Kendall Lampkin sarà in grado di
rappresentare a pieno questo forte accadimento?
Ma io vivo
ora e non posso rispondere, e voi?
CODE
NAME: GERONIMO
Scritto da Kendall Lampkin - Diretto
da John Stockwell
Attori
Cam
Gigandet – Anson Mount - Freddy Rodriguez – Alvin Xzibit Joiner - Kathleen Robertson - Eddie Kaye – Thomas Kenneth- Thomas Kenneth
Miller –Robert Knepper – William Fichtner - Rajesh Shringarpore e Maninder Singh
Musiche Paul Haslinger - Fotografia Peter
Holland - Montaggio Ben Callhan - Scenografia Guy Barnes - Costumi Miye
Matsumoto
Prodotto da Nicolas Chartier - Zev Forman - Anthony Mark
Casa di produzione Voltage Pictures insieme a Picture
Perfect Corporatio
Distribuito in Italia da Koch Media
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