I Mezzalira è il racconto di una famiglia, segnata dal cognome che porta, che fugge dalla miseria e dal sopruso. Una famiglia unita, i cui componenti sono quasi inscindibili anche se ognuno di loro è a caccia di rivalsa personale e autodeterminazione. Siamo in una lontana epoca rurale, in un Sud ancestrale e indefinito, richiamato dal dialetto, che forse ne miscela diversi, sapientemente usato dall’autrice, Agnese Fallongo. Sud che riverbera nelle preghiere e nei canti, alcuni sacri altri profani, nelle sonorità create da Tiziano Caputo.
Agnese e Tiziano, sono in scena rispettivamente Crocifissa Martire e Santo Mezzalira, i due sposi, che dopo la morte improvvisa di don Cataldo, il latifondista per cui lavoravano, fuggono nottetempo dal Paese Vecchio per trovare riparo nella Città Nova, alla ricerca di quella nuova vita evocata dal nome stesso della città. Con loro ci sono la vecchia nonna Pitta (interpretata sempre da Caputo), madre di Santo e i due figli della coppia, Pasqualina (a cui dà voce Agnese) e Giovanni Battista, detto Petrosino, perché come il prezzemolo si trova suo malgrado in mezzo alle cose. Petrosino, il più piccolo, interpretato con grande forza emotiva da Adriano Evangelisti, ha il compito di raccordare gli snodi fondamentali delle vicende di famiglia. La sua voce riesce a miscelare la potenza della tradizione orale con l’attualità, quasi cinematografica, degli episodi messi in scena. È lui che tira le fila tra gli eventi misteriosi ed oscuri che sembrano gravare sui Mezzalira come una maledizione, che si dipanano sulla scena come un giallo che si svelerà solo nel finale, quando tutti i tasselli troveranno il loro posto perché, fino all’ultimo, come dice Petrosino: “tutti sapevamo qualcosa ma nessuno sapeva tutto”.