Due grandi sculture di Robert Indiana, Love e Amor,
poste al centro del Chiostro del
Bramante a Roma introducono al percorso espositivo di una mostra capace di
far dialogare l'arte contemporanea con l'arte classica e al tempo stesso di
parlare di un sentimento universale: l'amore.
Titolo della mostra curata da Danilo Eccher è appunto LOVE, un omaggio ad un sentimento
impossibile a definirsi, ma di cui non possiamo far a meno come cantavano i Beatles - All You Need Is Love - nella
celebre canzone le cui note di espandono nell'aria.
Sono tante le emozioni che la mostra suscita. Si
inizia da celebri icone della Pop Art,
le inconfondibili sculture urbane di Indiana,
parole giganti che colpiscono con i colori forti e l'immediatezza di uno slogan
e le sensuali bocche di Tom Wesselmann
della serie degli Smokers, arguti
blow-up pittorici su labbra laccate di donna nell'atto di fumare una sigaretta.
Se per Wesselmann il fumo, denti bianchissimi e rossetto, sono emblemi di
raffinato erotismo non privo di una dose d'ironia, l'artista che incontriamo
nella sala successiva, Marc Quinn - tra
i più interessanti protagonisti del panorama contemporaneo - focalizza la
propria ricerca sul rapporto con il corpo e con il mondo fisico e culturale che
ci circonda e, in ultima analisi, su cosa significhi vivere in un mondo che è
reale e virtuale al tempo stesso. Opere come Flowers appaiono una rilettura di una natura morta ma presentano
nella loro bellezza l'inquietante riflessione sull'artificio. Il forte
interesse dell’artista per la capacità di metamorfosi, sia della natura che
della vita umana, lo guida verso un’attrazione per la spiritualità innata
dell'uomo trovandone la collocazione ideale nella casa di Giulietta, vissuta
come un luogo interiore, come una stazione spaziale del sentimento. Love painting è una delle opere nate in
quel luogo: alcune tele a completa disposizione dei visitatori hanno creato
affollatissimi graffiti che diventano sogni, messaggi d’amore, di speranza,
come se fossero lo spazio virtuale delle emozioni pure della collettività.
"L'amore è una di quelle idee astratte con le quali modelliamo le nostre
vite" dichiara l'artista stesso. Ma è soprattutto l'opera Kiss che emoziona nella sua classica
evidenza: un bacio che scaturisce tra due ragazzi giovani segnati dalla
malattia, che non è esibita in quanto tale, ma è concepita in un sublime atto
d’amore.
Ancora una figura di spicco della Young British Art, Tracey Emin, la cui produzione si è distinta per il forte carattere
autobiografico, rivelando spudoratamente fallimenti e umiliazioni, speranze e
successi, le opere qui esposte sono dichiarazioni curvate dalle luci in tubi di
neon, quasi ferite sui muri. Probabilmente sono proprio le donne a far la parte
da leone nella mostra romana, infatti ci lascia incantati il Red Independent Heart di Joana Vasconcelos , un cuore composto da
forchette, coltelli e cucchiai in plastica, modellati per rendere la forma del
Cuore di Viana, simbolo classico di gioiello della tradizione portoghese dove
filo conduttore diventa quel cuore che "vive de forma perdida", nelle
parole e nel canto di Amalia Rodrigues
in "Estranha forma de vida", che è diffuso in loop, o ancora la
personalissima interpretazione della Madonna del latte della genovese Vanessa Beecroft. Nell’opera l’artista
si ritrae mentre, con la sua pelle candida, i capelli rossi e la veste bianca (l’abito
è simbolicamente bruciato sull’orlo), allatta due piccoli gemelli neri,
completamente nudi; un gesto d’amore che unisce due popoli, due civiltà.
Un serrato dialogo con il passato per l’artista
olandese Mark Manders che ha
sviluppato un linguaggio scultoreo e installativo estremamente personale. Al
centro della sua pratica si situa un’idea di scultura come “frammento”
residuale, come unità generata dal recupero e dall’aggregazione di forme e
materiali che rivelano l’usura del tempo. Il linguaggio classico della scultura
– inteso come integrità della figura, come modellato e come monumentalità – pur
se ineludibile punto di partenza, viene come eroso, rivelando al contrario la
natura fragile e precaria dell’esistenza umana.
Se la mostra continua a stupirci con la
genialità delle immagini di Gilbert
& George, l'intramontabile Warhol e la raffinatezza di Francesco Clemente, è l'installazione di
Yaioi Kusama, a farci passare dalla
visione all'esperienza: una stanza piena di zucche gialle e nere ricoperta di
specchi, ci riporta verso una sete di infinito che travalica ogni ostacolo. Kusama è l’irruzione del metafisico nel reale,
coniuga i ghiribizzi di fantasia naif all’analisi matematica più teorica: da un
lato l’ossessione compulsiva per punti e reti, archetipi immaginari dell’eterno
riproducibili a catena fino al collasso mentale, simboli di paure ancestrali,
dall’altro lato l’approccio fisico, matematico e logico ingenuo che svela i
paradossi dell’infinito nel finito. Ecco Il messaggio di Yayoi Kusama, l'arte come l'amore è la sublime Unione di
Impulsività e intenzionalità, ed è proprio come ci ha sapientemente tramandato
Dante... "è l’amor che move il sole e l’altre stelle" (Paradiso XXXIII, 145).
- Maria Rita Ursitti -