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giovedì 20 maggio 2021

ASILO TEATRALE DEGLI APPENNINI – UN SISTEMA TEATRALE INTEGRATO NEL CUORE DELLE MARCHE. L’intervista ad ARIANNA MORGANTI, chi ha tempo non aspetti tempo!




Per questo nuovo appuntamento con la rubrica “Non chiamateli piccoli” nello spazio multiculturale di Kirolandia ho avuto il piacere di intervistare Arianna Morganti in merito al suo interessante lavoro Asilo Teatrale degli Appennini – Un sistema teatrale integrato nel cuore delle Marche.
 
Un sistema teatrale integrato: partiamo da qui. Cosa si intende per sistema teatrale integrato?
La mia pubblicazione che, appunto, prende nome “Asilo Teatrale degli Appennini – Un sistema teatrale integrato nel cuore delle Marche”, ha l’obiettivo di farsi portavoce di specifiche modalità di inserimento, applicazione e diffusione di prodotti culturali in specifici territori, ovvero quelli del basso appennino pesarese-anconetano. Si parla di sistema innanzitutto perché non ci si riferisce a singole realtà, bensì a luoghi, paesi e teatri vicini e simili, per natura e per caratteristiche, alla realtà di Apecchio (paese capofila del progetto), con il fine di dar vita ad un sistema condiviso efficace e funzionale a specifici progetti di crescita e sviluppo interni. Quando si fa riferimento invece all’aggettivo “integrato” si vuole rendere esplicito quanto il sistema che si propone possa avere influenza su molti aspetti propri ai paesi a cui ci si riferisce. Un sistema, dunque, che possa integrare le funzioni del teatro e dell’arte con obiettivi strutturali, di crescita interna e di sviluppo di tipo economico. Un sistema perciò che, in una prospettiva di lungo termine, sarà in grado di poter contribuire a una visione strategica e a tutto tondo dei territori in questione.

La tua ricerca inizia nel 2015. Come ha avuto inizio?
La ricerca da cui la pubblicazione nasce è iniziata nel 2015 in occasione della mia partecipazione al Master in Performing Arts Management organizzato dall’Accademia del Teatro alla Scala in collaborazione con MIP Politecnico di Milano e con il Piccolo Teatro di Milano. Come ogni percorso specialistico, era richiesto agli alunni di elaborare una ricerca/progetto da presentare alla fine dell’esperienza formativa, ed è stato per me naturale far confluire ciò che stavo facendo insieme a Nicola Nicchi ad Apecchio, con ciò che avevo appreso e studiato nei mesi di Master. Nacque così la mia tesi, che prese il titolo di “Asilo Teatrale degli Appennini: proposta di progetto”, che è stata la base da cui partire per la pubblicazione di qualche mese fa.
 
Quale è stata la maggiore criticità incontrata?
Il progetto Asilo Teatrale degli Appennini, come ogni progetto di tipo culturale da mettere in pratica, si è dovuto confrontare con le difficoltà legate alla ricerca di fondi e contributi per poter operativamente prendere vita. Sicuramente, all’inizio, senza l’aiuto e la sensibilità degli artisti da noi invitati nel cartellone della stagione “Teatro per il Teatro” (creata appositamente per la raccolta di fondi), difficilmente avremmo realizzato una vera e propria stagione teatrale al Teatro Perugini di Apecchio. Inoltre, il processo di autofinanziamento, oggi così lontano dalle realtà di tipo culturale, è stato da noi portato avanti anche per la generosità del pubblico che, grazie all’ingresso “ad offerta”, si è fatto protagonista e sostenitore diretto di quanto stava accadendo.
Di tutt’altro genere, un’altra criticità incontrata (con cui il progetto si confronta ancora oggi) riguarda il riconoscimento della funzione del teatro all’interno delle comunità, mi spiego meglio: se la comunità apecchiese, attraverso un attento percorso di alfabetizzazione teatrale, è in poco tempo riuscita a comprendere il valore ma soprattutto la necessità di avere un teatro attivo nel paese, oggi questo non vale in ogni luogo e in ogni dove. La presenza del teatro, inteso come servizio pubblico di primaria importanza, è infatti compresa da pochi: a nostro parere, c’è bisogno di far capire alle persone e di certo anche alle Istituzioni che il teatro è un luogo, un mezzo ed un linguaggio necessario, in quanto esercita funzioni sociali e pubbliche di primaria importanza per la vita comunitaria e individuale.
 
Cosa invece ha regalato energia al tuo progetto?
A regalare energia e forza al nostro progetto è di certo stata la possibilità di vivere in maniera più che diretta gli effetti che, fin dall’inizio, le nostre iniziative esercitavano sulla comunità apecchiese. Mentre stavo scrivendo la tesi, organizzavo insieme a Nicola gli spettacoli teatrali presso il Teatro Perugini di Apecchio e avevo l’occasione di vedere le fasi e i risultati del delicato processo di alfabetizzazione teatrale nei confronti di una comunità, come quella apecchiese, non abituata a fruire di certe tipologie di offerte culturali. È stata una crescita reciproca, basata sull’osservazione e sull’ascolto. Poter vedere concretamente la realizzazione di quanto stavo scrivendo è di certo stato molto stimolante.

Il teatro come riscorsa culturale e sociale. È un tema importante e il tuo libro arriva quando forse avremmo bisogno di un Asilo Teatrale in ciascuna regione. Che ne pensi?
Anche se le proposte e i sistemi di cui la pubblicazione parla non rappresentano una novità in termini assoluti nel settore dello spettacolo dal vivo, questi sono a nostro parere di grande impatto e portata innovativa per il territorio a cui si rivolgono. Il sistema delle residenze teatrali, da cui il progetto parte, è infatti applicato oggi in gran parte delle nostre regioni ma, grazie alla sua stretta e necessaria relazione con il territorio in cui si inserisce, tramuta e si rinnova ad ogni sua differente applicazione. C’è da dire però che molte sono le aree italiane in cui le condizioni culturali tanto si avvicinano a quelle delle Aree Interne del basso appennino pesarese anconetano, in cui
molti comuni del territorio, pur essendo proprietari di teatri, anche di grande valore artistico, spesso non hanno le professionalità e le risorse necessarie per rendere funzionanti, anche solo periodicamente, i loro spazi teatrali. Tutto ciò ovviamente va a grave discapito delle comunità residenti e dei loro giovani cittadini ai quali spesso viene negato il diritto al teatro come efficace strumento di divulgazione e formazione. Siamo convinti, infatti, che il Teatro oltre a rappresentare una forte risorsa per l'educazione e l'arricchimento personale di ogni singolo cittadino, sia di fondamentale importanza nelle piccole comunità perché in grado di migliorarne la qualità della vita sociale favorendo una sana e costruttiva aggregazione tra cittadini. Il nostro “asilo” perciò, con le sue iniziative, si propone di colmare questo vuoto culturale, ritenendo il Teatro uno strumento di grande efficacia per lo sviluppo economico di ogni comune in quanto potenziale contenitore di eventi di forte attrattiva, capaci di catalizzare nelle nostre città appassionati, semplici spettatori e turisti che di certo, grazie ad un teatro vivo e funzionante, avrebbero un motivo in più per visitare il nostro territorio.
 
Fare della nostra terra di confine e dei suoi meravigliosi borghi storici il luogo ideale per una nuova idea di accoglienza e di impresa culturale. Un asilo appunto, capace di donare protezione, ascolto e libertà d'azione a tutti coloro che qui o altrove non ne hanno. Una preziosa occasione di crescita e di sviluppo per le nostre comunità.
 
Teatro e scuola: cosa si può fare ancora e cosa manca secondo te?
Oggi, all’interno delle realtà culturali (grandi o piccole che siano) la questione dello “sviluppo del nuovo pubblico” è più viva che mai. In verità, da quando sono entrata in questo settore, ne ho sempre sentito parlare molto in termini teorici e meno in termini pratici. Di certo la difficoltà maggiore sta nel trovare una chiave efficace per la costruzione di ponti generazionali che possano garantire un ricambio di platea consapevole e strutturato. Una tra le prime azioni che i teatri, le fondazioni e le associazioni mettono in pratica è quella di creare un contatto diretto con gli Istituti scolastici locali per dar vita a progetti specifici che includano magari delle visite in teatro, degli incontri con esperti, la partecipazione a spettacoli dal vivo e così via… tutto ciò ovviamente lascia intendere ai ragazzi il teatro come una sorta di “materia speciale” per la quale non si deve studiare e che magari può dar loro una tregua dalla classica routine scolastica di tutti i giorni. Personalmente, questa visione non mi piace. Il teatro porta con sé un vero e proprio dizionario, un linguaggio universale e antichissimo che contribuisce in maniera diretta alla formazione dell’individuo nella società, facendogli comprendere i problemi, le dinamiche e le emozioni di cui il mondo in cui viviamo si fa da portavoce. A mio parere, ciò che si deve fare è cercare di recuperare un’abitudine: l’abitudine all’ascolto e al confronto, cercando di integrare il mondo online delle nuove generazioni con il mondo offline che ci circonda, ed il teatro in questo potrebbe essere una vera guida.
 
Quali sono le figure di riferimento per un sistema teatrale integrato?
Innanzitutto, è necessario tenere presente che il progetto Asilo Teatrale degli Appennini si rivolge e si inserisce all’interno di ben 9 comuni delle Aree Interne del Basso Appennino pesarese-anconetano (nello specifico quelli di Acqualagna, Apecchio, Cagli, Cantiano, Piobbico, Frontone, Serra Sant'Abbondio, Arcevia e Sassoferrato). È facile dunque immaginare che i primi attori del sistema devono essere individuati all’interno delle amministrazioni dei comuni di rifermento, tenendo conto dei complessi e delicati processi di integrazione e condivisione di obiettivi, metodi e approcci tra comuni diversi. In termini operativi poi, il fine del sistema è quello di riuscire a riformare i processi di selezione e programmazione di offerte culturali attraverso la riduzione di tutti quei passaggi oggi necessari alle Istituzioni per garantirsi la presenza di spettacoli ed eventi sul territorio. Nello specifico, il sistema integrato propone che l’operatività della rete venga affidata dalle amministrazioni coinvolte ad una sola figura, esterna alle amministrazioni e di alto livello professionale che possa, insieme all’ausilio di collaboratori tecnici (se necessario), rappresentare al meglio la comunità di riferimento e gestire in maniera diretta i rapporti con gli artisti e con le compagnie, al fine di garantire non solo la presenza di spettacoli e la circuitazione di proposte culturali, ma anche un attento ascolto e una piena interpretazione di quelle che sono le esigenze, i bisogni e le caratteristiche del territorio in cui ci si inserisce.
 
Arianna di cosa ti occupi e a quali nuovi progetti stai lavorando ora?
Dopo il Master in Performing Arts Management non ho mai smesso di lavorare all’interno del settore performativo ed ho avuto la possibilità di entrare a contatto con realtà davvero importanti come Ravenna Festival, Fondazione Musica Insiemea Bologna e come l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini diretta da Riccardo Muti. Con il tempo però, ho iniziato a sentire l’esigenza di tornare a studiare e così oggi sono a due esami dalla laurea in Progettazione e Gestione di Eventi e Imprese dell’Arte e dello Spettacolo presso l’Università di Firenze e sono stata da poco assunta dall’Orchestra della Toscana all’interno dell’ufficio di Direzione generale, Sviluppo e Fundraising.
 
Chi vuoi ringraziare per la ricerca portata avanti fino ad ora?
In prima battuta un enorme grazie va a Nicola Nicchi, la mente ed il braccio del progetto: senza di lui, senza la sua passione e la sua professionalità, nulla di tutto ciò sarebbe potuto accadere. In secondo luogo, ci tengo a ringraziare tutte le figure professionali che mi hanno aiutato in questa ricerca. Scrivere una tesi di Master a soli 19 anni non è stata esperienza di certo facile, ed il sostegno di professori e esperti del settore è stato fondamentale.
 
Ti va di salutarci con una frase che ami ripeterti?
In questo momento così delicato, in cui tutto sembra dilatato ed instabile, mi son spesso trovata a ripetermi: chi ha tempo non aspetti tempo”, un proverbio di cui non conosco nemmeno la vera origine, ma che mi aiuta a sfruttare ed impiegare ogni momento in ciò che mi piace (e anche in ciò che non mi piace) fare. Sono fortemente orientata verso il “mondo del fare”, verso il “mondo dell’agire”: non mi piace la lentezza, la troppa calma e le troppe “pause”.
 


LA SCINTILLA
Pensare come i grandi. Immaginare come i più piccoli. Il teatro ci insegna che…

In maniera del tutto straordinaria lascio alle parole della stessa Arianna la riflessione conclusiva che conosciamo con il nome de La scintilla. Perché si merita tutto il nostro plauso per aver sostenuto un sistema integrato e per la cura con la quale si rivolge ai piccoli e ai meno piccoli.
 
Teatro e bambini? Cosa mi puoi dire a riguardo?
Le mie esperienze passate purtroppo non mi hanno mai avvicinato al mondo della formazione di nuovi pubblici, pertanto quello che posso dire è solo frutto di pensieri personali e di esperienze osservate dall’esterno. Il teatro, inteso come linguaggio, è di certo un mezzo molto diretto ed efficace per mostrare le cose del mondo e per fungere da “specchio” di ciò chi siamo e di ciò che non siamo. I bambini, più degli adulti, vivono di curiosità e voglia di scoprire, motivo per il quale le attività teatrali indirizzate a bambini delle scuole elementari (o ancor di più ai piccoli degli asili) risultano estremamente positive in una prospettiva di lungo termine. Il bambino che si avvicina al teatro e all’arte in generale (penso qui anche ai metodi musicali come il Metodo Suzuki) è capace di apprenderne il senso attraverso l’esperienza e l’operatività, senza essere dipendente da filtri e da approcci definiti a priori. Il linguaggio teatrale, inoltre, se appreso e “parlato” fin da piccoli è in grado di garantire una formazione culturale del bambino che andrà ad impattare positivamente nell’affermazione del sé e nell’affermazione del sé in rapporto con il mondo che lo circonda.


- Raffaella Ceres -
_KIROLANDIA®_