Caro Babbo Natale,
ti scrivo dopo tanti anni di silenzio, non che abbia mai smesso di credere in te… ma sai dopo una certa età il Natale perde i risvolti magici e fiabeschi dell’infanzia e imbucare una lettera diretta in Lapponia non è più una priorità, se tu fossi una divinità di una qualsiasi religione si potrebbe dire che sono una credente non praticante, anche se in questo caso forse non perderei tempo a scriverti, ma mi lambiccherei sulle tue regole e i tuoi miracoli, per concludere poi che forse non esisti.
Sono stata buona? Non direi, al massimo sono stata onesta, ho fatto la guerra a chi lo meritava, aiutato chi potevo e di questi tempi è abbastanza. Dal Natale mi aspetto sempre tanto e rimango ogni anno irrimediabilmente delusa, anche se il più delle volte le mie aspettative sono abbastanza modeste, non pretendo la pace nel mondo, nemmeno in Italia o nella mia città, e guarda arrivo a dire nemmeno nel mio quartiere, ma almeno fra coloro che vivono nello stesso stabile!
Quindi poiché le mie modeste richieste non sono mai state accolte quest’anno sparo alto e vediamo che succede…
vorrei indietro quella mattinata in cui mia nonna mi insegnò a fare gli gnocchi per vedere ancora una volta il suo sorriso accondiscendente di fronte alla mia goffagine in cucina;
vorrei andare di nuovo a quella festa di tanti anni fa, ballavo un lento, Bon Jovi cantava Always e mi sentivo la persona più felice al mondo;
vorrei quel pomeriggio in cui mia sorella portava a spasso il gatto in una carrozzina cercando a tutti i costi di fargli indossare una camicia da notte della sua bambola preferita;
vorrei quella vacanza in giro per laghi con i miei genitori che sorridono dalle foto nei loro buffi vestiti in perfetto stile anni ottanta;
vorrei un pomeriggio di un agosto afoso passato a fare gavettoni in giro per la città vuota, avendo come unica preoccupazione i compiti di greco e latino per le vacanze;
vorrei un amico che non ho più;
vorrei un sogno in cui non credo più;
vorrei aver capito sempre quello che c’era da capire;
vorrei un 24 dicembre bianco di neve e una renna vera in salotto;
vorrei indietro tutte le forcine per capelli che ho perso;
vorrei saper cucinare come uno chef e cantare come un soprano;
vorrei dipingere con l’acume di Magritte e la follia di Dalì;
vorrei, vorrei, vorrei…
a rileggerle ora vorrei un sacco di cose banali eppure caro il mio Babbo se ti impegni un po’ e riesci ad esaudire qualcuna delle mie richieste, magari per riconoscenza potrei fondare una religione in tuo onore, ma ti avviso niente guerre sante ce ne sono già abbastanza, al massimo se vuoi tanto per sbaragliare la concorrenza, potrei inventarmi che sei omosessuale!
Comunque fai quel che puoi, io attendo fiduciosa.
Con affetto Sara
di
Sara Saurini (AttiroKiro)