Spesso mi accorgo
che molti alimenti di cui potrei fare a meno rimangono per me indispensabili,
quasi non me ne volessi proprio separare: il cappuccino la mattina, il
panettone a Natale, le polpette ed il polpettone, il sapore di alcune torte.
Molto spesso mangio i legumi, di cui vado matta, sotto forma di hamburger,
eppure ogni volta che mi trovo a transitare davanti MacDonald mi giro dall'altra
parte con un certo disgusto. In quest'ultimo caso, mi allontano, ovviamente perché
predomina il sentimento animalista/etico, ma per gli altri alimenti? Sarà forse
la loro forma, il colore, l’odore a richiamare la mia attenzione? La risposta è
molto semplice, quasi banale e vi sono arrivata grazie alla lettura di "Se
niente importa" di J. Safran Foer: il lato affettivo del cibo. Profumi e
sapori contengono chiusi in sé il famoso déjà vu del tè con le madeleinette. Per questo, ogni mattina mi preparo il soiaccino
(latte di soia con il caffè) e a Natale mi faccio regalare il Panettone vegan
(acquistabile in qualche negozio bio), perché il profumo della scorza d'arancia
candita nell'impasto è talmente forte da provocarmi il "nodo in gola"
ripensando ai passati Natali felici dell'infanzia con la mia famiglia, in cui
tutto era favola e quando la notte, nel silenzio, tendevo le orecchie
aspettando la visita degli Spiriti del Natale... il bello poi è che quando ero
piccola, con operazioni laboriose e accurate, spogliavo l'impasto del Panettone
di tutti i canditi e le uvette...
Sento quindi la "necessità affettiva" di alcuni alimenti e la
necessità più forte di non nutrirmi di sofferenza: da qui nasce questo connubio
nel combinare ingredienti vegetali con forme non vegetali.
Molte volte mi è stato chiesto il perché, da vegan, dessi agli alimenti quella forma "crudele", al di là della praticità... Del resto la mia non è mai stata una scelta salutista (nonostante i benefici che comunque ne ho tratto) ma una scelta etica.
Molte volte mi è stato chiesto il perché, da vegan, dessi agli alimenti quella forma "crudele", al di là della praticità... Del resto la mia non è mai stata una scelta salutista (nonostante i benefici che comunque ne ho tratto) ma una scelta etica.
Questa piccola riflessione è nata pochi giorni fa dal tentativo di riproporre una merendina di carote che non mangiavo più già da prima della mia scelta veg, e volentieri vorrei condividere con voi la ricetta che ho trovato e che mi ha soddisfatto (a cui ho applicato leggerissime varianti).
MERENDINA VEGAN DI CAROTE
rivisitata da YayaKira
rivisitata da YayaKira
250 g di carote
200 g di farina
180 g di zucchero di canna
50 g di fecola di patate
80 g di farina di mandorle
100 ml di latte di soia
50 g di olio di semi di girasole
3 cucchiai di amido di mais unito a 6 di acqua (in sostituzione dell'uovo)
1 bustina di lievito per dolci
scorza grattugiata di metà limone e metà arancia
cannella e vaniglia a gusto (fac.)
L'operazione in
assoluto più faticosa è triturare e ridurre in polpa le carote (perché non ho
il tritaverdure...). Una volta riusciti in questa interminabile operazione, in
cui un forte sentore di carote entrerà pian pianino nelle vostre narici e vi avvolgerà
di fresco, miscelate insieme tutte le farine con lo zucchero e il lievito. In
una ciotolina separata preparate l'"uovo veg" sbattendo con la frusta
l'amido con l'acqua e quindi unite alle farine i liquidi, la polpa di carote,
le spezie e infine, la mia operazione preferita, grattugiate le scorze degli
agrumi. Infornate la torta in forno preriscaldato a 180° in una tortiera di 24
cm per una mezz'ora abbondante e quando fredda spolverizzate con zucchero a velo . Credo che la torta sia gustosa anche con una glassa di zucchero a
velo o all'arancia... io non ho ancora provato questa variante...se vole provate voi!!!
Sito con la ricetta originale:http://ilcalderonealchemico.blogspot.it/2012/02/torta-di-carote-vegan-signorjayjay.html
Se vi va, leggete...
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