Spesso si dice che gli amici li possiamo scegliere
mentre la famiglia no. La famiglia ci capita,
ci nasciamo, ci cresciamo... al limite
possiamo solo decidere di lasciarla. Non sempre è così... ci sono famiglie a cui
si decide di appartenere, quella dei
metallari è una di queste. Lo ha detto spesso James Hetfield, voce e mente dei Metallica,
lo ha ripetuto più volte nelle oltre due ore di concerto romano lo scorso 1
luglio. "È bello cantare davanti a
voi perché se dimentico una parola ci pensate voi. Le conoscete proprio tutte. È
la famiglia dei Metallica". Il leader della band californiana si rivolge così
a noi, fans di tutte le età, dai cinquantenni nostalgici di Kill ‘em all, agli adolescenti con una peluria appena accennata
sotto il naso e gli occhi sognanti,
ci ha chiamati "la nostra famiglia".
L'esibizione a "Rock in Roma",
unica data italiana del tour europeo,
non è stato solo un concerto ma un omaggio che i “four horsemen” hanno voluto
tributare ai loro sostenitori, il
popolo del metallo pesante. Avremmo
dovuto capirlo subito che non sarebbe stata una performance qualsiasi ma un
grande regalo, a partire dalla
formula adottata già nel titolo del tour "Metallica by request", Metallica a richiesta,
la nostra richiesta, con una
scaletta programmata sul web dai seguaci del gruppo. Ed eravamo in 32 mila sul
prato dell'Ippodromo di Capannelle per verificare che le nostre scelte fossero state
rispettate. Abbiamo assistito non solo a un grande show ma a un vero e proprio
festival metal, iniziato dal
pomeriggio con le di Volbeat, Kvelertak, e soprattutto dei magnifici Alice in Chains.
Guardandomi intorno,
nel privilegiato settore dell’inner circle (esclusivo quanto costoso), ho visto molti quarantenni e cinquantenni, come me,
ma anche tanti ragazzi ed è stata la piacevole dimostrazione che dopo oltre 30
anni di palco, i Metallica restano un
punto di riferimento della scena musicale heavy metal. A chi li vedeva già sul
viale del tramonto il frontman dagli occhi di ghiaccio ha gridato: "Ci
vediamo presto, Roma. Domani forse
mi farà male il collo e la gola, ma
non importa". Dobbiamo ammettere,
infatti, che l’età ha il suo peso e che
quella voce potente non ruggisce più come una volta,
ma sicuramente ancora lascia il segno. Così come ha mantenuto la sua energia l'instancabile
Lars Ulrich alla batteria, non hanno
perso fascino le dita dell'altro storico membro della band, il chitarrista Kirk Hammet,
che continuano a volare sulle sei corde,
così come non fa rimpiangere il passato,
il bassista Robert Trujillo, unitosi
al gruppo dieci anni fa, dopo le mille
vicissitudini legate alla drammatica scomparsa di Cliff Burton.
I Metallica sono sicuramente una famiglia, la mia famiglia,
in grado di restare unita e reinventarsi
nel tempo, a discapito delle solite
accuse di conformismo legate al black album,
nonostante i pettegolezzi sulle dipendenze e i problemi di salute, capaci di emozionare ancora,
di far sgranare gli occhi, di alzare
le braccia al cielo, fare mosh anche
se con una chioma meno folta e pogare sulle note eccitate dei grandi classici. Dalla
loro parte hanno decenni di successi: oltre 100 milioni di dischi venduti, nove Grammy Awards,
esordio per cinque volte consecutive in vetta alla classifica di Billboard.
La domanda sorge spontanea: è stata rispettata la
nostra scaletta? La risposta è sì, i
Mets non si sono risparmiati e hanno interpretato brani amatissimi selezionati
dal loro pubblico, in una
scenografia vestita di fuoco, lampi
di luce, giochi di laser oltre a
proiezioni sul video wall con soldati in marcia verso il fronte che si
trasformano in scheletri, fantasmi
segregati dietro sbarre di galere senza nome. Le immagini nascono dai testi dei
Metallica che affrontano temi come la rabbia,
la solitudine, l’emarginazione, la follia,
la droga ma soprattutto l’ipocrisia della nostra società. Ore 22, l 'avvio
sulle note di Ennio Morricone: la scena in cui Eli Wallach, il "Brutto" del capolavoro di Sergio
Leone (scomparso tra l’altro da pochi giorni), corre
tra le lapidi del cimitero, da lì tuona
il saluto di Hetfield che si staglia granitico su uno sfondo di croci e tombe, magnifico gigante nella sua posa tipica con l’Esp
imbracciata all’altezza delle ginocchia.
Subito dopo è il delirio,
partiamo con Battery, a seguire
l’amatissima Master of Puppets. Poi senza respiro One,
Fade to Black, Enter Sandman, Sad But True,
Welcome Home (Sanitarium), Creeping
Death, ...And Justice for All, Orion,
Ride the Lightning, Blackened, Fuel,
fino alle ballads The Unforgiven e Nothing else matters. Tra i pezzi eseguiti,
anche Lords of summer, brano scritto
appositamente per la tournee. Il finale,
poi, non ha lasciato dubbi, alla domanda “Do you want heavy?”: l’esplosione di
Seek & destroy, cuore trash dei quattro cavalieri.
Fiera di appartenere a questa
famiglia.
M
- Marcella
Sullo -
Foto:
Massimo Righetti
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