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martedì 10 maggio 2016

CORREGGIO E PARMIGIANINO alle Scuderie del Quirinale

autrice: Maria Rita Ursitti (LoveKira)



Visitabile sino al 26 giugno presso le Scuderie del Quirinale a Roma, la raffinata mostra “Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento” propone l’arte dei due più illustri rappresentanti della pittura parmense: Antonio Allegri, detto il “Correggio” (1489?-1534), e Francesco Mazzola, detto il “Parmigianino” (1503-1540). Un serrato Tête à tête  dei due maestri cinquecenteschi con le opere scelte dal curatore David Ekserdjian,  uno dei maggiori studiosi del periodo, che immerge il visitatore quasi dinanzi ad una gara di virtuosismo artistico,  nell’incanto dei colori dei paesaggi, negli effetti cangianti dei tessuti, nella preziosità di un gioiello cesellato o nell’ammirazione degli incarnati madreperlacei, a dimostrazione che l’arte antica sa ancora emozionare.


Già per Vasari biografo, il dono del Correggio alla pittura sarebbe proprio la capacità di “maneggiare i colori come vero maestro”, quel movimento del pennello fatto di grazia e delicatezza che gli permise di “sfilare” i capelli rendendoli “d’una piumosità morbidi, che si scorgevano le fila nella facilità del farli, che parevano d’oro e più belli che i vivi”; ed è senz’altro questa la sensazione provata di fronte ad opere quali il Noli me tangere (Madrid, Museo Nacional del Prado) dove la figura della Maddalena sembra appena caduta sulle ginocchia davanti al Cristo, riuscendo a trasmetterci l’eccezionalità del momento attraverso intensi particolari come la luce delicata del viso emozionato o la perfezione del corpo iridescente del Risorto. Ancora osservando il Ritratto di Dama (San Pietroburgo, The State Hermitage Museum ) davanti al quale,  se rimane ancora insoluto il mistero dell’identità del  personaggio, forse la colta Signora di Correggio quella  Veronica Gambara autrice di… Or, poi che voi mia vita e morte sète, occhi felici, occhi beati e cari, siate sempre sereni, allegri e chiari .., nessun dubbio alcuno possiamo avere circa quel fascino particolare del sorriso appena accennato.  

Peculiarità dell’Allegri è la capacità di sfondare la parete pittorica per proporre uno spazio proiettato all’infinito, sia che si tratti dell’orizzonte della tela sia degli splendidi affreschi nella Chiesa di San Giovanni Evangelista e nel Duomo a Parma (alcuni studi presenti in mostra), nonché l’attitudine a rendere la dolcezza di un’atmosfera come nella piccola tavola con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina  (Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte) o ancora in uno dei capolavori  presenti in mostra,  la Danae (Roma, Galleria Borghese) dal corpo eburneo voluta da Federico Gonzaga , dove le figure paiono create dalla luce in una varietà di bianchi, dall’avorio all’ocra.

Differente, ma certo non di minor incanto, è il linguaggio artistico usato da Parmigianino, una personalità inquieta sempre tesa alla ricerca della perfezione ed eleganza della forma e di cui, sempre il Vasari, dirà "novello successore dello spirito del qual Raffaello si diceva poi esser passato nel corpo di Francesco, per vedersi quel giovane nell'arte raro e ne' costumi gentile e grazioso.”

 La  breve carriera artistica lo vede svincolarsi dall'arte del Correggio per affermarsi in modo originale,  ne sono testimonianza  capolavori come la Madonna di San Zaccaria (Firenze, Galleria degli Uffizi) dove nelle figure ritratte si associano tendenze contrastanti, l'antico e  un modernismo quasi utopistico nello struggente  accostamento della bellissima Madonna che sorregge un porcellanato e intensissimo Bambino. L’artista porta avanti probabilmente un tentativo di rappresentare la bellezza assoluta come riflesso e simbolo divino, in una prospettiva di elevazione morale dello spirito.

La modernità concettuale del Parmigianino, il suo atteggiamento sperimentale nei confronti dell’arte,  magnificamente espresso nell’incredibile varietà dell’opera grafica esposta (quasi una mostra nella mostra) sono qualità evidenti  nell’aspetto maggiormente apprezzato della sua pittura: la ritrattistica. Non si può lasciare la mostra infatti senza rimanere coinvolti dal sorriso ammiccante nel Ritratto di giovane donna detta "Schiava turca"(Parma, Galleria Nazionale) ,  dove l’occhio è catturato dalla perfezione delle vesti o dalla leggerezza del ventaglio piumato o dal raffinato “balzo” che le cinge la testa. È proprio un ritratto a chiudere la mostra:  la  superba Antea (Napoli, Museo di Capodimonte),  smaltata, dallo sguardo penetrante, icona di  regalità con quella stola di martora fermamente trattenuta come voleva il galateo dell’epoca.

Ci congeda dunque il Parmigianino con un’idea di pittura che va oltre l’imitazione della natura, proponendo un’altra bellezza, quella assoluta ed  irraggiungibile come si conveniva del resto all’‘alter Raphael’ colui da cui “Madre Natura temette di essere vinta e quando morì, temette di morire con lui.” (Vasari)


- Maria Rita Ursitti  -




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