In una strana
serata autunnale di pioggia calda e insistente, attraverso a piedi via
Nazionale lucidata dall’acqua, per assistere all’opera che apre la stagione
teatrale del TEATRO ELISEO di Roma, CYrano de
Bergerac, chiedendomi quali palpiti, o fremiti o sopite emozioni, il ben
noto spadaccino potrà suscitarmi.
È un’opera così conosciuta
il Cyrano, ne conosco a memoria dei versi, quelli che mi ripeteva la nonna,
ogni volta che mi chiedeva un bacio, prima di andare a dormire: “cos’è un bacio? Un apostrofo rosa tra le
parole t’amo”. E quelli evocati da Guccini nella sua canzone, che ha
accompagnato la mia inquieta adolescenza: “io
sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non
sogna”. Ho visto film, l’opera lirica, mille adattamenti. Davvero per me,
questo dramma non può riservare sorprese.
Mi siedo nella
sala gremita, vociante fino all’ultimo secondo, fino a quando le luci si spengono,
accendendosi sul palcoscenico diventato un quadro.
E,
imprevedibilmente, questo Cyrano mi commuove.
Mi commuove l’interpretazione
profonda e dolente di Luca Barbareschi,
mi commuovono i giovani attori che portano sulla scena la fresca sicurezza
dell’innocenza, mi commuovono i veterani e la loro misura. La magnifica
scenografia a tre livelli, con scale semoventi, e i costumi sgargianti raccontano
un’immaginifica Francia barocca, e insieme alle musiche mi avvolgono in un turbinio visivo e emozionale.
La vicenda è
nota: Cyrano, incapace di esprimere il suo amore per la cugina Rossana,
credendosi brutto, presta la sua anima e la sua poesia al giovane e bellissimo
Cristiano, che riesce a conquistare la donna e a sposarla, salvo poi perire in
guerra.
Tanti i temi
dell’opera, di rivoluzionaria modernità.
Cyrano è un uomo
di oggi e di ieri, un uomo che non si riconosce, un uomo che sente come la sua
anima e il suo corpo non siano fatti l’una per l’altro. Si nasconde nel
coraggio, nell’ardimento, nell’abnegazione nei confronti dell’ideale che ha
sposato, che antepone a tutto: la libertà. Libertà di pensiero e di azione.
L’unica libertà
che non si è mai concesso, però, è quella di amare. Il suo corpo, che lui
ritiene orrendamente brutto, è la sua prigione, e tale rimane fino all’ultimo o
quasi.
Qualcuno scrisse
che l’unico amore duraturo è solo quello non corrisposto. L’amore di Cyrano De
Bergerac sfida ancora i secoli, come un monito. Forse ci invita a non
nascondere nei meandri del cuore quel che sentiamo, a vincere la sfida con noi
stessi, il nostro orgoglio e le nostre paure per amare liberamente.
Nell’ultima potente
scena, sotto un albero evocativo fatto di corde, Cyrano, che è stato ferito a
tradimento da un nemico, dopo anni passati a mentire, rivela la verità a
Rossana che si rende conto di aver perduto per due volte l’amore senza averlo
mai conosciuto.
Le luci si spengono
e rimango ancora seduta ad applaudire questo
CYrano de Bergerac, adattato e diretto da Nicoletta Robello Bracciforti, che mi ha ancora una volta stupito e
commosso.
- Elena Costa -
_Kirolandia_
Luca Barbareschi
in
"CYRANO DE BERGERAC"
di Edmond Rostand
con
Linda Gennari
Duilio Paciello
Thomas Trabacchi
Duccio Camerini
Massimo De Lorenzo
e con (o.a.) Valeria
Angelozzi, Federica Fabiani, Alessandro Federico, Raffaele
Gangale, Federico Le Pera, Gerardo Maffei, Matteo Palazzo, Carlo Ragone,
Alberto Torquati
e gli allievi e le allieve del corso di Recitazione
della Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté: Marilena Anniballi, Francesca Antonini,
Marco Cicalese, Lia Grieco, Marlon Joubert, Michele Valerio Legrottaglie,
Romana Maggiora Vergano, Gelsomina Pascucci, Federica Torchetti
Scene Matteo
Soltanto
Costumi Silvia
Bisconti
Luci Pietro
Sperduti
Musiche originali Arturo
Annecchino
Assistente ai movimenti di scena e maestro d’armi Alberto Bellandi
Vocal Coach: Elisabetta
Mazzullo
Adattamento e regia Nicoletta Robello
Bracciforti
Produzione Teatro Eliseo