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mercoledì 20 febbraio 2019

Ancora pochi giorni per scrutare l'intimo dell'uomo moderno nella mostra “POLLOCK E LA SCUOLA DI NEW YORK” al complesso del Vittoriano

autrice: Mirella Angelelli (MireKira) 



Al complesso del Vittoriano sta per concludersi una delle più importanti mostre ospitate in quest'ultimo periodo a Roma: “Pollock e la scuola di New York”  a cura di David Breslin e Carrie Springer con Luca Beatrice.

In questa sorprendente esposizione che ha visto moltissimi visitatori gremire le sale, il mondo occidentale, attraverso la cultura classica e rinascimentale,  si confronta e si ispira ad una categoria del “Bello” dalla quale è difficile allontanarsi; ma uscendo da questo percorso ed entrando nel mondo americano post bellico, dove si sperimentano tecniche e linguaggi espressivi rivoluzionari, tale concetto si trasforma, prende nuovi itinerari e forme che penetrano in un mondo misterioso fatto di nuove sensazioni mantenendo le stesse emozioni.


Visitare la mostra del Vittoriano significa vivere le esperienze di Jackson Pollock e della scuola di New York “Gli Irascibili” che negli anni ’50 si identificano con l’espressionismo astratto. In quel momento dopo Parigi, che ha ormai esautorato la sua creatività, è New York la capitale dell’arte contemporanea. La sua espressione più innovativa è rappresentata dalla collezione del Whitney Museum di NY, da cui provengono i 50 capolavori visibili nella mostra allestita nella capitale italiana in un percorso articolato in sei sezioni:
1 ) Jackson Pollock  2) Verso la scuola di New York  3) Franz Kline  4) Dall’espressionismo astratto ai "Color Field"  5) Willem de Kooning  6) Mark Rothko

I visitatori possono ammirare "Number 27" opera di Pollock , quadro vivo di molteplici contatti disordinati uscenti e rientranti, è una espressione di impulsi di ogni intensità, sembra rappresentare il nostro inconscio: una rete aggrovigliata di materia dove la luce ed i colori si sovrappongono, si intrecciano, si nascondono e riappaiono dando una sensazione di vertigine che sopraffà.

L’allestimento dell'esposizione permette di vivere un'esperienza sorprendente, vediamo Pollock che crea il suo quadro, non più con pennello e tavolozza, ma con la forza espressiva del suo corpo che si muove attorno alla tela; il colore puro viene gettato sui vari oggetti e materiali in un vortice di linee, punti, macchie, l’immagine una realtà tradizionale è sparita ma il dipinto ha acquistato una propria identità dove vita ed arte si identificano.

Nel percorso espositivo appaiono rappresentazioni diverse, non sempre razionali, ma fortemente legate al nostro inconscio.
In questa profondità estetica ci si immerge nelle varie opere di Pollock tutte tese ad esprimere quel mondo non costituito ma che racchiude in sé l’invisibile.
La sensibilità si  amplia scrutando nella poetica sinuosa spiaggia di William Baziotes (The Beach), nei colori di Helen Frankenthaler (Blue Territory), nel mistero di Willem de Kooning (Door to the river)  nelle opere in bianco e nero di Franz Kline tra cui Mahoning dove sembra di vedere i ponti e le strade e il travaglio di una New York che pulsa.

Ancora una volta la città eterna ci permette di sognare di fronte ad opere che rappresentano l’intimo dell’uomo moderno e sarebbe un peccato non ammirare, in questi ultimi giorni, la mostra “Pollock e la scuola di New York” .

- Mirella Angelelli -
_Kirolandia_

La foto a corredo è di Gianfranco Fortuna per Arthemisia