Al complesso
del Vittoriano sta per concludersi una delle più importanti mostre
ospitate in quest'ultimo periodo a Roma: “Pollock
e la scuola di New York” a cura di David Breslin e Carrie
Springer con Luca Beatrice.
In questa sorprendente esposizione che ha visto moltissimi visitatori gremire le sale, il mondo
occidentale, attraverso la cultura classica e rinascimentale, si confronta
e si ispira ad una categoria del “Bello” dalla quale è difficile allontanarsi;
ma uscendo da questo percorso ed entrando nel mondo americano post bellico,
dove si sperimentano tecniche e linguaggi espressivi rivoluzionari, tale
concetto si trasforma, prende nuovi itinerari e forme che penetrano in un mondo
misterioso fatto di nuove sensazioni mantenendo le stesse emozioni.
Visitare la
mostra del Vittoriano significa vivere le esperienze di Jackson Pollock e della scuola
di New York “Gli Irascibili” che
negli anni ’50 si identificano con l’espressionismo astratto. In quel momento
dopo Parigi, che ha ormai esautorato la sua creatività, è New York la capitale
dell’arte contemporanea. La sua espressione più innovativa è rappresentata
dalla collezione del Whitney Museum di NY, da cui provengono i 50 capolavori
visibili nella mostra allestita nella capitale italiana in un percorso
articolato in sei sezioni:
1 ) Jackson
Pollock 2) Verso la scuola di New York 3) Franz Kline 4) Dall’espressionismo
astratto ai "Color Field" 5) Willem de Kooning 6) Mark
Rothko
I visitatori
possono ammirare "Number 27" opera di Pollock , quadro vivo
di molteplici contatti disordinati uscenti e rientranti, è una espressione di
impulsi di ogni intensità, sembra rappresentare il nostro inconscio: una rete
aggrovigliata di materia dove la luce ed i colori si sovrappongono, si
intrecciano, si nascondono e riappaiono dando una sensazione di vertigine che
sopraffà.
L’allestimento
dell'esposizione permette di vivere un'esperienza sorprendente, vediamo Pollock
che crea il suo quadro, non più con pennello e tavolozza, ma con la forza
espressiva del suo corpo che si muove attorno alla tela; il colore puro viene
gettato sui vari oggetti e materiali in un vortice di linee, punti, macchie,
l’immagine una realtà tradizionale è sparita ma il dipinto ha acquistato una
propria identità dove vita ed arte si identificano.
Nel percorso
espositivo appaiono rappresentazioni diverse, non sempre razionali, ma
fortemente legate al nostro inconscio.
In
questa profondità estetica ci si immerge nelle varie opere di Pollock
tutte tese ad esprimere quel mondo non costituito ma che racchiude in sé
l’invisibile.
La
sensibilità si amplia scrutando nella poetica sinuosa spiaggia
di William Baziotes (The Beach), nei colori di Helen Frankenthaler (Blue
Territory), nel mistero di Willem de Kooning (Door to the river) nelle opere
in bianco e nero di Franz Kline tra cui Mahoning dove sembra di vedere i ponti
e le strade e il travaglio di una New York che pulsa.
Ancora una
volta la città eterna ci permette di sognare di fronte ad opere che rappresentano
l’intimo dell’uomo moderno e sarebbe un peccato non ammirare, in questi
ultimi giorni, la mostra “Pollock
e la scuola di New York” .
- Mirella
Angelelli -
_Kirolandia_
La foto a corredo è di Gianfranco Fortuna per Arthemisia
“POLLOCK E LA SCUOLA DI NEW YORK” è visitabile al COMPLESSO del VITTORIANO Ala Brasini sino a Domenica 24 Febbraio 2019