Il Laboratorio Sperimentale Teatro Finestra per festeggiare i 20 anni di attività
all’EX CLAUDIA di Aprilia ha aperto
a novembre una stagione con gli spettacoli che hanno fatto la storia della
compagnia e che indubbiamente meritano di essere visti o rivisti, tutti.
Fra gli spettacoli in calendario c’è anche Mare
Nostro con l’ideazione e la regia di Raffaele Calabrese ideazione
al quale ho avuto il privilegio di
assistere.
La scena si apre in una qualunque spiaggia italiana
dove un gruppo di eccentrici personaggi dà vita a un divertente siparietto
fatto di battute e stereotipi estremizzati, poi in lontananza i villeggianti
avvistano un barcone di immigrati che cerca di raggiungere la terra. La
narrazione prende a questo punto una nuova forma.
Assistiamo così a brevi e toccanti monologhi:
l’immigrata che racconta la sua dolorosa fuga dal paese di origine spiegando
che le torture e la privazione della dignità sono pur sempre migliori della
morte; l’italiano medio “io non sono razzista però…” che sostiene l’immigrato
solo se fa vincere la sua squadra di calcio preferita… ma comunque non è
italiano perché è nero.
Veniamo catapultati nelle guerre di oggi e in quelle di
domani, nelle rivolte che le vorrebbero fermare, nel dolore di chi racconta
come il terrorismo sia un derivato storico di anni di colonizzazioni, invasioni
e sfruttamento, sotto l’acqua insieme a chi annega in cerca di un futuro
migliore, o con un bimbo cui la mamma aveva fatto indossare il suo vestito
buono per iniziare una nuova vita.
A questo gomitolo di orrore e momenti effimeri che si
alternano e spiazzano lo spettatore fanno da corollario gli italiani, un popolo
di qualunquisti, senza generalizzare, che ha dimenticato le sue origini, che
non ricorda di aver vissuto fuori e dentro la sua terra il razzismo, la
segregazione e l’umiliazione.
Poi un urlo straziante rivendica il suo diritto a non
credere in Dio, quel Dio in nome del quale esseri umani crocifiggono altri
essere umani… dimenticando di essere umani.
E su una distesa di minuscole barchette di carta che
riempiono il palcoscenico la speranza prova a navigare ancora una volta,
ricordandoci che il diritto alla vita e alla dignità non hanno confini, non
hanno etnie.
La narrazione scelta per questa rappresentazione non è
lineare, i tagli sono netti, quasi concitati a volte per rappresentare proprio la
vita umana nelle sue numerose contraddizioni: è il like che mettiamo prima al
nuovo rossetto, poi al cessate il fuoco… due post, uno dopo l’altro… senza un
senso, come a volte in certi luoghi del mondo sembra essere la vita stessa. E
in questa alternanza di gattini carini e bombe intelligenti ci racconta di un
popolo convinto che basti un like di indignazione a fare di noi delle brave
persone, che farsi un selfie, usando come sfondo il dolore altrui possa essere
una cosa accettabile anzi, utile socialmente, perché non siamo razzisti, poi
però l’altro è diverso, puzza, non si sa integrare, non parla la nostra lingua,
è pericoloso, va aiutato a casa sua, quella casa che abbiamo sfruttato e
martoriato per sostenere il nostro stile di vita, la nostra “civiltà”.
Questo spettacolo è originale nel suo approccio al tema,
ma in effetti non dice nulla di nuovo, perché fa qualcosa di più importante, ci
mette davanti ad uno specchio e ci ricorda con le parole di David Bowie che come essere umani ciò
che abbiamo il dovere di fare è giurare di non fare mai guerra a nessuno
perché tutti siamo stati, siamo e saremo l’altro e perché se ciascuno
mantenesse fede a questo giuramento il mondo sarebbe un posto migliore.
E perciò, in un mondo che brucia più che mai e dove la
memoria non è mai stata così corta, come ho fatto qualche sera fa dal vivo,
oggi, virtualmente, mi alzo di nuovo in piedi per applaudire attrici, attori e
il regista ideatore dello spettacolo Raffaele
Calabrese, sperando che ci siano altre repliche e che magari tante scuole
decidano di farlo vedere ai propri alunni affinché le prossime generazioni possano
crescere e costruire un mondo dove “restare umani” sia considerato un dovere
imprescindibile.
“Il
teatro è la parabola del mondo”
Giorgio
Streheler
- Sara Saurini -
_KIROLANDIA®_