autore: Antonio Paciello (PeloKiro)
C`era
una volta un uomo che correva veloce. Si muoveva furtivo, ai limiti
dell`invisibilità. Non parlava mai, teneva in riserbo le sue idee.
Corri
veloce, frena!
Muoviti
furtivo invisibile, fatti vedere!
Aspetta
silenzioso, parla!
Senza
limiti raccogli il fiato, inspira!
Un
giorno, superato il limite del tempo, si concesse una piccola pausa e volle
camminare lento. Decise che il peso della sua carne e delle sua ossa potevano
frenare l`orchestrata sinfonia della velocità.
Cammina
lento, accelera!
Fatti
vedere carne e ossa, scompari!
Impulsivo
rumoroso, trattieniti!
Senza
limiti raccogli il fiato, espira!
Un
giorno, superato il limite del tempo, si rese conto che sfidare se stesso e la
sua contrapposizione, non avrebbe potuto superare l`asse dell`ignoto. Allora,
ricominciò a correre nel verso opposto.
Tutto
cambiò, nel verso opposto.
Col
tempo descrivette una condizione, funzione empirica ma strettamente matematica.
I limiti del tempo divennero strani
asintoti incastonati nell`universo. Non potevano nemmeno gli astri superare
quelle barriere, nemmeno un meteorite poteva frenare il suo cammino.
Il
tutto divenne uno Strano gioco.
La
sua condizione divenne il rincorrersi di due sfere di vetro.
Quell`uomo
comprese.
Pianificò
che ad un certo istante le due sfere urtassero l`una con l`altra e che si
fondessero.
Aspettava,
era al punto di cambiare di nuovo il
verso, ma il tempo stavolta non fu più un
limite, ma una condizione persuasiva, accertata della consistenza.
Lentezza
e velocità “semi interprenetravano” la leggerezza, si sovrapponevano con
linearità e divergevano con discontinuità. Si delineò di nuovo la funzione ma
stavolta nel senso razionale diverso.
Il
dualismo: ritrovata la perscrutabile condizione.
Svanì
come in una goccia la reale percezione della memoria e strani intrighi e figure
ambigue cedettero spazio alla reale deviazione dell`intelletto. Sublimato e
fuso in un misto sintetico, eleborato, modificato.
Un
giorno, superato i limiti del tempo, quell`uomo, piccolo pensatore si ritrovò
raggomitolato nel fondo di un cono, ribelle e imbelle, visionario e razionale,
mentre coperte incosistenti lo avvolgevano. Volle lasciarsi sottendere da un
vuoto universale, quasi quanto una depressione che sfilava il se dal se stesso,
sovrapposizioni concentriche, ripartizioni quantiche, poi l’infinito e i relativi
mordaci pensieri.
La
sua una tesi presupposta e scardinata dal reale senso dell`essere umano contrapposto
al dovere e alla capacita` di elaborare un vuoto sintetico.
Fermare
il tempo, svelare i segreti, consumare ossigeno, furono di nuovo i parametri
che delinearono i corollari.
Fu
quella volta che un uomo, in un
estenuante giornata, divenne riflessione e la riflessione divenne il pensiero:
varcare una dimensione inesistente, quasi come se dovesse cadere in un sonno
dal vuoto profondo.
Un
giorno, superato il limite del tempo…
Ringrazio Romina Lanza (RomyKira) per la foto - Vuoto
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