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giovedì 9 gennaio 2014

PREMIO MILLELIRE seconda serata 8 Gennaio 2014


Interviste e racconti dalla seconda serata del Premio Millelire

E abbiamo archiviato anche la seconda, intensa serata della prima edizione del Premio Millelire. Appuntamento numero due che ci ha riservato delle piacevoli sorprese. La prima e' stata l'affluenza di pubblico che ha riempito la platea, in prima fila l'attrice Mita Medici che ha elogiato l'iniziativa di Lorenzo De Feo e Antonio Lupi e salutando i giovani artisti raccolti sul palcoscenico ha detto: "Sono rimasta piacevolmente colpita dalla qualità del teatro visto questa sera e sono qui a disposizione per qualche piccolo consiglio a ognuno di voi". Anche ieri sera nella giuria di qualità c'erano gli attori Mirella Mazzarenghi e Renato Campese; mentre per la giuria critica la giornalista, esperta di teatro, già organizzatrice di eventi culturali, Donatella Codonesu.

La seconda sorpresa e' stata la particolarità del testo e della messa in scena del primo corto teatrale cui abbiamo assistito: "Zitto" con Mariano Riccio e Giovanni Giudice. Siamo davanti a due menzogne: un finto invalido e un finto benefattore, una bugia per elemosinare e una bugia per mascherare il delirio, la follia. Ma soprattutto ci troviamo davanti a una bara. Come vi è venuto in mente, chiedo ai due attori e registi: "L'idea ci è nata proprio perché volevamo portare sulla scena un sepolto vivo, una bara che fosse trasparente da un lato" - mi spiega Giovanni. "E poi volevamo sperimentare qualche effetto speciale in spazi così ridotti" - aggiunge Mariano. "In realtà ci sarebbe il proposito di realizzare una pièce che esamini le varie perversioni umane e portarla in scena in una location inedita come potrebbe essere la casa di un privato", mi confidano mentre già sto pensando di offrire la mia.






Il secondo corto e' sulla “fedeltà bugiarda” che da' il titolo al testo. Me ne parla il suo autore, Seby Genova. Alla mia domanda sul perché un uomo così giovane abbia un'idea così precaria della fedeltà nei rapporti di coppia mi risponde che " è stato ispirato da episodi di vita vissuta, lui è sempre stato innamorato dei momenti, ha sempre cercato stimoli e spunti in giro, almeno da giovani si è portati a far così " e quando si cresce? " Non so - mi risponde - te lo dirò quando sarò grande".

Il testo che ha chiuso la kermesse di ieri è stato "Io, me e Godot" di Michele Castellano. Sul palco un arbusto, identificativo di Aspettando Godot, e tanta roba, carabattole, rifiuti. Dialoghi eccentrici, sconnessi, curiosi, tra il protagonista e una voce registrata fuori campo, conversazioni che mi hanno ricordato a tratti l'assurdo di Pinter. Ed è così che Godot e' l'attesa di qualcosa di meglio, Godot e' l'illusione per sopravvivere perché "dobbiamo mentire a noi stessi per andare avanti" mi spiega Michele. Nel testo si fa riferimento anche all'Olocausto, perché: "Perché nel testo di Aspettando Godot c'è l'immagine delle foglie morte e io, per associazione di idee, ho pensato a tutti quei corpi ammassati, a tutti quei cadaveri, a quelle anime innocenti ed ho voluto scriverne, in particolare in un periodo come questo in cui si tende al negazionismo".

Tanto di cappello allora di fronte a queste tre compagnie che hanno avuto, sotto aspetti differenti, il coraggio di illuminare gli angoli bui dell'animo umano, ma non è forse questo il compito del teatro? E stasera si ricomincia...buio in sala.

                                                                                                                              Autrice: Marcella Sullo 

Foto a corredo Massimo Righetti 




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