autore: Marcella Sullo (CandidKira)
foto a corredo: Massimo Righetti ("S"Kiro)
Interviste e racconti dalla seconda serata del Premio Millelire
E abbiamo archiviato anche la seconda, intensa
serata della prima edizione del Premio Millelire. Appuntamento numero due che
ci ha riservato delle piacevoli sorprese. La prima e' stata l'affluenza di
pubblico che ha riempito la platea, in prima fila l'attrice Mita Medici che ha elogiato l'iniziativa
di Lorenzo De Feo e Antonio Lupi e
salutando i giovani artisti raccolti sul palcoscenico ha detto: "Sono
rimasta piacevolmente colpita dalla qualità del teatro visto questa sera e sono
qui a disposizione per qualche piccolo consiglio a ognuno di voi". Anche
ieri sera nella giuria di qualità c'erano gli attori Mirella Mazzarenghi e Renato
Campese; mentre per la giuria critica la giornalista, esperta di teatro,
già organizzatrice di eventi culturali, Donatella
Codonesu.
La seconda sorpresa e' stata la particolarità del
testo e della messa in scena del primo corto teatrale cui abbiamo assistito: "Zitto"
con Mariano Riccio e Giovanni Giudice. Siamo davanti a due
menzogne: un finto invalido e un finto benefattore, una bugia per elemosinare e
una bugia per mascherare il delirio, la follia. Ma soprattutto ci troviamo
davanti a una bara. Come vi è venuto in mente, chiedo ai due attori e registi:
"L'idea ci è nata proprio perché volevamo portare sulla scena un sepolto
vivo, una bara che fosse trasparente da un lato" - mi spiega Giovanni.
"E poi volevamo sperimentare qualche effetto speciale in spazi così
ridotti" - aggiunge Mariano. "In realtà ci sarebbe il proposito di
realizzare una pièce che esamini le varie perversioni umane e portarla in scena
in una location inedita come potrebbe essere la casa di un privato", mi
confidano mentre già sto pensando di offrire la mia.
Il secondo corto e' sulla “fedeltà bugiarda” che
da' il titolo al testo. Me ne parla il suo autore, Seby Genova. Alla mia domanda sul perché un uomo così giovane abbia
un'idea così precaria della fedeltà nei rapporti di coppia mi risponde che
" è stato ispirato da episodi di vita vissuta, lui è sempre stato
innamorato dei momenti, ha sempre cercato stimoli e spunti in giro, almeno da
giovani si è portati a far così " e quando si cresce? " Non so - mi
risponde - te lo dirò quando sarò grande".
Il testo che ha chiuso la kermesse di ieri è stato
"Io, me e Godot" di Michele
Castellano. Sul palco un arbusto, identificativo di Aspettando Godot, e
tanta roba, carabattole, rifiuti. Dialoghi eccentrici, sconnessi, curiosi, tra
il protagonista e una voce registrata fuori campo, conversazioni che mi hanno
ricordato a tratti l'assurdo di Pinter. Ed è così che Godot e' l'attesa di
qualcosa di meglio, Godot e' l'illusione per sopravvivere perché "dobbiamo
mentire a noi stessi per andare avanti" mi spiega Michele. Nel testo si fa
riferimento anche all'Olocausto, perché: "Perché nel testo di Aspettando
Godot c'è l'immagine delle foglie morte e io, per associazione di idee, ho
pensato a tutti quei corpi ammassati, a tutti quei cadaveri, a quelle anime
innocenti ed ho voluto scriverne, in particolare in un periodo come questo in
cui si tende al negazionismo".
Tanto di cappello allora di fronte a queste tre
compagnie che hanno avuto, sotto aspetti differenti, il coraggio di illuminare
gli angoli bui dell'animo umano, ma non è forse questo il compito del teatro? E
stasera si ricomincia...buio in sala.
Autrice: Marcella Sullo
Foto a corredo Massimo Righetti