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martedì 13 gennaio 2015

AMERICAN CHRONICLES: THE ART OF NORMAN ROCKWELL a Roma



“Ho ritratto l'America che conosco, osservando coloro che potevano passare inosservati.” N.R.

American Chronicles: the Art of Norman Rockwell a cura di Danilo Escher, porta nelle sale di Fondazione Roma Museo - Palazzo Sciarra, l'opera di uno degli illustratori americani più amati. Durante la lunga carriera Norman Rockwell (1894-1978) ha contribuito a creare il mito americano, forse in maniera ancora più efficace del cinema. Protagonisti delle sue opere sono infatti i vicini di casa, i negozianti all'angolo della strada, i figli degli amici - eterne "piccole canaglie" - che prestano il volto alla fantasia dell'artista per storie "quotidiane", dove gli eroi sono i poliziotti comprensivi, gli avieri con il giubbotto di pelle o i ragazzini a caccia di avventure; mentre i luoghi sono le case con gli elettrodomestici nuovi di zecca o i Diners con l'insegna al neo
in cui si mangia l'immancabile apple-pie .
Micro storie che ammiriamo nelle opere esposte tra cui le 323 copertine originali del "The Saturday Evening Post", popolare magazine che l'artista illustrò dal 1916 al 1963.


Malgrado il realismo dello stile, il mondo di Rockwell è l'immagine di un'America mai veramente esistita, ma non per questo meno poetica, non a caso il suo parallelo cinematografico sono i film di Frank Capra. Dunque attraversare le sale espositive vuol dire immergersi in immagini sospese come ricordi, rese perfette dalla maestria tecnica del pennello e dalla costruzione maniacale dei set fotografici: come per magia ci troviamo di fronte all'America delle commedie a lieto fine, immagini evocatrici di quei valori senza tempo - l'amicizia, la famiglia, la Patria- e di quegli alti ideali di cui l'America si è sempre professata portatrice

Tuttavia, la grandezza di Rockwell è racchiusa nella sua vena ironica che emerge sia quando tratta i piccoli drammi (The Runway) sia quando celebra la famiglia americana attorno all'insostituibile tacchino nel Giorno del Ringraziamento (Thanksgiving day). Questo humor è espresso garbatamente anche nel Triplo autoritratto in cui Rockwell rimanda alle diverse chiavi di lettura dell'opera d'arte; ancora, nel Critico d'arte, altra celebre copertina del Post, non sembra curarsi dello sguardo di biasimo dei personaggi di Frans Hals alle pareti - allusioni a chi lo accusa di aver distrutto il gusto degli americani - ma svela la sua musa ispiratrice : l'arte olandese del XVI sec, da Vermeer a Pieter de Hoock. A loro Rockwell deve lo studio della luce diffusa e l'amore per i colori brillanti, ma sopra ogni cosa, gli è debitore di quella straordinaria capacità di creare un frammento di racconto il cui "prima" e il "dopo" è lasciato all'immaginazione di chi osserva

Si tratta di una ricerca del senso della vita nella vita stessa; in altre parole, un litigio banale, la fatica di una giornata di lavoro o la gioia di un abito nuovo, nell'opera del grande illustratore , emergono quali frammenti di quotidianità come Epifania di un senso nel quale ritrovarci.




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