MENU

K-HOME | KIROLANDIA | KIRI | REGOLAMENTO | CONTATTI  | corrente culturale | fridaartes | privacy e cookie | disclaimer
Kirosegnaliamo | Kiroalmanacco | Kirosegnaliamo
K-NEWS | PALCOSCENICO | MUSICA | ARTE | CINEMA | LIBRI | COSTUME/SOCIETA' | SCIENZE/NATURA |FOTO | DISEGNI/PITTURE | RACCONTI | POESIE | VIDEO
IppoKiro PutzoKiro MayaKira ManuKira AttiroKira MireKira VeraKira CeresKira VolpocaKiro Krouge

mercoledì 8 dicembre 2021

Momo, il tempo, i ricordi. Al TEATRO LE MASCHERE in scena MOMO E LA CITTÀ SENZA NOME di GIULIA BARTOLINI



Perché mai Momo dovrebbe diventare grande? Perché chiedersi cosa accade dopo un atto di coraggio? Perché mai ritrovare la bimba dai ricci ribelli in un futuro distopico dal sapore di una fiaba moderna?

Sono queste le domande che, con curioso interesse, mi hanno portata fino al Teatro Le Maschere lo scorso 30 novembre per assistere allo spettacolo Momo e la città senza nome di Giulia Bartolini.

Solo alcune sedie in scena. Per raccontare le cose difficili è necessario saper semplificare e devono aver compreso bene questa regola, per nulla banale, durante la costruzione di questo originale spettacolo. Momo, la Momo di Michael Ende, è ormai una donna e si rivolge ad una psicoterapeuta per dipanare la matassa dei suoi ricordi. È faticoso diventare grandi, lasciare che il presente costruito nel passato diventi il futuro.
Momo, lei che ha sempre aiutato tutti, lei che ha sconfitto gli uomini grigi che tentavano di rubare il tempo alle persone, lei si trova sola nel suo oggi a chiedersi come sia accaduto di essere poi diventata adulta.

In un incalzante alternarsi di ricordi e narrazioni, Momo inizia a raccontare la sua vita ad un’attenta terapeuta. Tutti i protagonisti del romanzo di Ende assumono il volto e la voce dei bravissimi attori in scena: Matteo Berardinelli, Luisa Borini, Francesco Cotroneo, Flaminia Cuzzoli, Diletta Masetti, Daniele Paoloni. Cassiopea, che nel romanzo originale è una tartaruga, in questa particolare ricerca teatrale diventa una giovane donna e prima ancora una bambina: la migliore amica della nostra giovane eroina.

Interessanti i passaggi drammaturgici che rileggono questo capolavoro letterario in chiave contemporanea: il rischio dei signori grigi in realtà non è finito. Qualcuno ancora è in giro. O forse, non se ne è mai andato via.

Come si ferma il tempo? Con un attimo che dura quanto una vita intera, bambina

La storia d’amore fra lei e Gigi sta nella parabola generale della trasformazione nella coppia. Il diventare grandi é abbandonare talvolta la bellezza dell’amicizia che nasce da lontano. Non ci sono colpe in questa acuta analisi curata dalla regia di Giulia Bartolini, ma solo i dati, quello che accade, quello che non dovrebbe accadere.

La scena è piena dell’incanto del testo e della bravura degli attori. Movimenti scenici precisi come le lancette dell’orologio di un grande artigiano. Un ritmo elegante, dirompente e divertente che ci accompagna verso l’epilogo inatteso. Momo non è in un luogo qualunque. È alla Clinica dei Ricordi perché lei quei ricordi non li vuole più. Perché vuole smettere di rivivere ciò - che – è - stato.

Il tempo e i ricordi cosa hanno in comune? Che si nutrono della nostra forza. Che ci guidano dove noi li conduciamo. Per poter cancellare i ricordi Momo ha dovuto ripercorrerli tutti e alla fine dell’avventura la dottoressa, che è l’unica a poter procedere nel taglio del filo fra ciò che siamo e ciò che siamo stati, ha una sola domanda per la nostra piccola grande amica: “Momo, sei sicura?”

Buio. Il pubblico rimane solo, immerso nel tepore della platea, ascoltando risuonare in se stesso questa ingombrante domanda.

LA SCINTILLA
Pensare come i grandi. Immaginare come i più piccoli. Il teatro ci insegna che…

Indubbiamente questa esperienza artistica merita di essere raccontata fra le righe della nostra rubrica “Non chiamateli piccoli” perché ci permette sia di ricordare il bellissimo romanzo di Michael Ende, sia perché l’interessante lettura che ne fa Giulia Bartolini permette di inquadrare il personaggio di Momo nella sua essenza più completa. Un eroina per bambini che si rivolge ad un pubblico che dimentica di esser stato bambino.

Le chiavi di lettura che lo spettacolo ci offre sono molteplici e gli spunti emotivi di grande interesse: il passaggio all’età adulta con tutti i dubbi e le incertezze del caso. Il fare i conti con il proprio essere individui immersi in una costellazione di relazioni. E i ricordi? Perché arriviamo a sentire il bisogno di non ricordare? Forse perché si diventa stanchi, qualche volta, e in quella stanchezza si nasconde l’opera degli uomini grigi. Siete sicuri di voler lasciare che il tempo non ci conceda più i ricordi? Momo e la città senza nome aspetta anche di conoscere la vostra risposta.

- Raffaella Ceres -
_KIROLANDIA®_
 
Teatro Le Maschere
Rassegna Nuova Drammaturgia – Incontri
MOMO e la città senza nome
Scritto da: Giulia Bartolini
Con (in o. a.): Matteo Berardinelli, Luisa Borini, Francesco Cotroneo, Flaminia
Cuzzoli, Diletta Masetti, Daniele Paoloni
Regia: Giulia Bartolini
Musiche: Andrea Cotroneo
Assistente regia: Paolo Marconi
Progetto Speciale
con il contributo della Regione Lazio


www.teatrolemaschere.it