Recensione critica dello spettacolo "IO ED
ELENA" di Donatella Busini, regia di Mauro
Toscanelli e Bruno Petrosino.
Replica di sabato ventotto maggio duemilaventidue, Teatro
Lo Spazio - Roma.
Bisogna sempre sperimentare
nell’arte per cercare vie espressive innovative.
Con IO ED ELENA la drammaturga Donatella Busini firma una potente e
raffinata pièce che scava nel profondo e che, partendo da una ben determinata
narrazione, ovvero il rapporto d’amore tra una madre e una figlia entrambe anime
complesse e in differenti maniere affette
da disturbi psichiatrici, tende ad aprirsi ad una più ampia via introspettiva
che va verso la rappresentazione del grande universo delle molteplici forme relazionali
tra svariati rapporti anche fugaci al cui interno spesso si celano e palesano
problematiche e germinazioni di violenza. Così mentre le robuste dinamiche
umane tra le due protagoniste vanno sviluppandosi, le stesse assurgono ad espedienti
per parlare del rapportarsi ciascuna all’altro, del riuscire a comprendersi, a
viversi nel giusto equilibrio senza invadersi e sopraffarsi ma neppure senza
allontanarsi troppo dai rispettivi sé cercando di compiere percorsi assieme.
Affidato il testo per la messa in
scena a Mauro Toscanelli e Bruno Petrosino, arriva l’ardua
scelta dell’interpretazione dei due ruoli al femminile da parte degli stessi,
forse il tentativo di attraversare il genere e dare una valenza più ampia al
raccontare? La sperimentazione è sempre motivazione di grande merito, ed in
questo interessante spettacolo, senza dubbio dal grande valore contenutistico, artistico
ed estetico il passo è realmente molto ampio.
Analizziamo. All’essenza la
storia racconta di un’esuberante ex attrice, Giovanna, di certo non troppo salda
mentalmente, la cui giovane figlia Elena, dalla mente altrettanto complessa, torna
ad abitare con lei dopo un periodo di lontananza impiegato per cure
psichiatriche. Parte da qui l’articolato confronto tra le due anime, mentre emerge
un’immaginaria figura, “Blanche DuBois”,
silente e ingombrante presenza, depositaria delle tante confidenze della ragazza.
Quindi sullo sfondo l’opera “Un tram che si chiama Desiderio” di Tennessee
Williams, il suo richiamo è costante, continuo, invadente, è fondale dell’essere,
eco di pensieri, attimo di poesia. E così, per l’intera durata dell’atto unico, la
madre, la figlia si cercano attraverso violente ma anche tenere dinamiche nel
costante e contrastante loro amarsi tra le continue difficoltà relazionali,
con il persistente desiderio di trovare il giusto modo per festeggiare il loro
profondo abbraccio.
La messa in scena è esteticamente
molto bella, la scenografia è di per sé già racconto, così come lo sono le
ricercate ambientazioni, i disseminati dettagli, i bellissimi costumi. Ciascuna
delle accattivanti immaginazioni registiche non è solo particolarmente
piacevole ma è soprattutto trascinante, anche per merito della struttura del
TEATRO LO SPAZIO che si offre a narrazioni coinvolgenti. Ma c’è un ma rispetto
a questo stimolante spettacolo, i cui vari elementi sono ben pensati e ben
realizzati a partire dal bel testo, forse in alcuni dei tanti passaggi ancora da
sciogliere definitivamente, la sua messa in scena non convince appieno, c’è
qualcosa che non lo realizza del tutto. Perché?
Proviamo a dare una possibile
risposta ritornando sull’ardua scelta: ad interpretare le due protagoniste sono
gli stessi registi. La bella recitazione di Mauro
Toscanelli è molto convincente, il suo ruolo al femminile è accattivante in
tutte le sue trasformazioni, tanto da farci identificare l’attore identità oltre
il genere, ma la totale aderenza al personaggio che va costruendo sulla scena forse
non è troppo regolare e probabilmente la causa è da ritrovarsi nella difficile
prova. Mentre l’attore Bruno Petrosino,
seppure intrigante nel suo oltremodo complesso ruolo, non riesce a divenire sul palco altra da sé, sino a dare quel senso di universalità che ci si aspetterebbe
anche dal suo personaggio. Ergo, in uno spettacolo che punta moltissimo sulla
scelta interpretativa tutto il bel castello in parte s’adombra anche se la
relazione che intercorre tra i (le) due affiatati protagonisti è ben costruita.
Attenzione, però, questa
personale riflessione non vuol significare che la pièce non meriti un forte
plauso, così com’è stato nell’applauditissima replica a cui ho avuto il piacere
di assistere, anzi in questo caso i battimani devono essere ancora più forti,
perché si tratta di premiare non solo quanto ampiamente sia ben riuscito in IO
ED ELENA ma anche perché è importante incentivare il prosieguo di questa considerevole ricerca. A mio umile parare, sebbene non sia avvenuto il passaggio definitivo
tra ciò che si finge sul palco e la verosimiglianza atta a trascinare
completamente il pubblico, questa possibilità di far attraversare agli
spettatori il percepire è proprio ad un passo che i due capaci registi e la
brava autrice potranno trovare insieme per portare questo
spettacolo al grande successo che si merita.
Nell’attesa che IO ED ELENA torni
ad accattivare il pubblico faccio i miei sentiti complimenti a
tutto il cast.
Andrea Alessio
Cavarretta -
_KIROLANDIA®_
IO
ED ELENA
di Donatella Busini
diretto e interpretato da Mauro Toscanelli e Bruno Petrosino
produzione IPAZIA Production
con il contributo artistico di QUINCE
costumi di Emanuele Zito
www.teatrolospazio.it